Narni nel Medioevo, vita quotidiana ai tempi degli statuti comunali del 1371
La Corsa all'Anello offre un'occasione preziosa per scoprire come si viveva a Narni nel Trecento, epoca del suo massimo splendore. Dalla lettura degli Statuti comunali del 1371 emerge l'immagine di una cittadina dall'intensa vita sociale, con regole precise stabilite per ogni angolo della quotidianità, dal commercio alla convivenza in famiglia, dall'ordine pubblico all'igiene delle strade.
Il dominio del Papato
Narni nel 1354 finisce sotto il dominio dello Stato della Chiesa, che approfitta delle continue lotte fra i Comuni per imporre la propria autorità. La città conserva i propri statuti e le proprie Magistrature ma è sottoposta al controllo del vicario pontificio e obbligata a versare ai Rettori del Patrimonio che rappresentavano la Chiesa in ogni provincia determinati contributi. Così, fra il 1367 e il 1371, con il cardinale Egidio Albornoz si assiste alla costruzione della rocca che ancora oggi domina il centro storico e vede sulla sua porta anche lo stemma di Gregorio XI, pontefice del tempo.
Il governo della città
Il 1371 è anche l'anno della pubblicazione degli statuti comunali a cui si ispira la Corsa all'Anello. A comporli sono sei sapienti cittadini: Benedetto Bicoli, Pancrazio Falconi, ser Francesco Ciaptoli, ser Ludovico Jannicelli, Paolo Petruccioli e Capitoncello Capocci. Vengono poi redatti in lingua latina dal notaio Ghino del fu Nicola da Gubbio, con 556 capitoli. Secondo quanto si legge nelle sue pagine - una copia stampata a Narni nel 1716 è conservata nella biblioteca comunale - a capo del Comune c'è un Vicario di nomina pontificia in carica per 6 mesi ma prolungabile a vita, affiancato dal 'socius' magistrato cittadino e da sei domini, due per terziere. A decidere sugli affari più importanti è il gruppo composto dai sei domini o priori con il Consiglio del comune e del popolo di Narni, composto da una rappresentanza delle famiglie cittadine, dai priori dei giudici, dei medici, dei notai e dagli antepositi di tutte le arti.
Le leggi più curiose
Sfogliando le sue pagine emergono tante norme interessanti, e in alcuni casi persino bizzarre. Come le tante regole scritte per garantire il decoro della città e la manutenzione delle opere pubbliche affidata ai suoi abitanti, o il divieto di circolazione degli animali domestici, ad eccezione di cavalli, asini e dei porci di Sant'Antonio. Vale a dire i maiali che appartevano alla confraternita dedita al culto di sant'Antonio abate, la cui chiesa sorgeva dalle parti dell'attuale piazza Garibaldi. Santo per lungo tempo rappresentato con questo animale ai suoi piedi, a rappresentare la vittoria sul diavolo tentatore, poi diventato suo malgrado protettore di tutti gli animali domestici.
Vietate le bestemmie
I narnesi erano 'obbligati' a coltivare la terra, orti con ulivi, agrumi e piante da frutto, mentre i commercianti dovevano garantire la propria onestà, impegnandosi a vendere merci non avariate e a prezzi giusti. Specie in caso di generi di prima necessità, come olio, grano, vino e carne. Erano previste condanne dure per chi si macchiava di violenza sessuale, come l'amputazione della mano o la pena capitale, e anche per le bestemmie, in particolare quelle contro Dio e la Madonna. In ogni parrocchia venivano eletti due custodi segreti con il compito di denunciare chi trasgrediva questo divieto, e chi non pagava le ammende stabilite veniva condotto per le vie cittadine fra il suono delle trombe dei banditori, con una specie di forbice sulla lingua. Tanto per fare da monito a chi proprio non ce la faceva a trattenersi.