Narni e dintorni

Stifone, la tappa da non perdere

Fra le tappe obbligate di una visita a Narni e dintorni non può mancare Stifone, piccolo paese di 40 anime – così recita l'ultimo censimento -, famoso per le sue acque blu cobalto. Il suo lago artificiale, nascosto fra una fitta vegetazione, cela due tra le prime centrali idroelettriche italiane, utilizzate per illuminare la città di Narni fino agli anni Trenta. Ma nella zona si trovano anche i resti di un porto fluviale e di un cantiere navale di epoca romana.

 

 

Le fonti Ad accompagnare costantemente chiunque si ritrovi a passeggiare per Stifone è il suono delle sorgive presenti in vari punti dell’abitato. Sgorgano ancora oggi nei lavatoi in pietra, ed in passato alimentavano i tanti mulini costruiti nella zona. Fra il 1500 e il 1800, furono legate al funzionamento delle ferriere e alle miniere dello Stato Pontificio sul vicino monte Santa Croce, mentre è ancora utilizzata la sorgente della Morica che con i suoi 13 metri cubi al secondo concorre alla produzione di energia della centrale idroelettrica ex-Valdarno.

 

 

Il porto fluviale I Romani scelsero Stifone come porto della vicina Narni e punto di partenza delle imbarcazioni cariche di legname, laterizi e derrate alimentari che solcavano il fiume alla volta di Roma, come racconta anche lo storico Tacito. Una testimonianza risalente all'anno 19 d.C., supportata dal recente ritrovamento dei resti archeologici dei punti di attracco e di un cantiere navale, circa 900 metri più a valle dell'abitato. Con tutta probabilità, il porto era utilizzato anche per l'imbarco di 'passeggeri'.

 

A passeggio nel borgo Altrettanto interessante è la borgata di Stifone, costruita fra il Trecento e il Seicento sotto la famiglia Silori, una delle maggiori esponenenti della buona società di Narni. A quegli anni risalgono il Monte Frumentario, istituto benefico che prestava ai contadini più poveri il grano e l'orzo per la semina, e la chiesa parrocchiale di Santa Marina, con due tele del 1600 e il fonte battesimale. Nel 1500, nel paese vivevano ben nove artigiani specialisti della lavorazione della lana, tramandandosi il mestiere di padre in figlio.

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